Di globetrotter se ne trovano ben pochi nel groviglio culturale di Skopje, ma l’Ovest del paese, presso il lago di Ohrid (Ocrida), gode del turismo balcanico. D’estate accorrono da tutta la penisola per tuffarsi nelle acqua celesti di questo lago risalente a circa un milione di anni fa – uno dei più antichi del mondo e il più antico d’Europa con una profondità di 288 metri – diviso tra la Macedonia del Nord e l’Albania, circondato da monti che, purtroppo, in quel periodo erano in fiamme e c’era il veto su qualsiasi escursione. Ohrid, comunque, vale un viaggio con o senza scampagnata in montagna e tutta la sua costa vanta qualcosa di storicamente importante. Sulla riva orientale (appartenente alla Macedonia del Nord, che detiene i due terzi della superficie), vennero ritrovati i resti di un insediamento su palafitte risalente a 4000 anni fa; a sud sorge il famoso monastero di St. Naum, dei secoli decimo e undicesimo; dello stesso periodo sono le chiese di Santa Sofia e di San Giovanni; quest’ultima, famosa per le cartoline, si sporge sulla riva nord da un promontorio a strapiombo sul celeste del lago. Più sotto è stata scavata persino una chiesa in una grotta. Sono tutte ortodosse e tutte a pianta circolare, in mattoni rossi e bianchi, a circondare la sacralità del luogo, una delle più importanti fonti d’acqua della penisola.
Al lago di Ohrid, con i suoi blu e i suoi verdi, sembra di essere ai Caraibi, non fosse per i monti ammantati di foreste tutt’intorno. È così ameno che Tito, il dittatore della Yugoslavia, vi fece costruire una delle sue residenze. Le barchette sembrano fluttuare a mezz’aria nel porto per quanto è pulito. Stride terribilmente con il manto di polvere, brutalismo e kitch che ricopre la capitale, a meno di 200 km.
In mezza giornata si può fare il giro del lago in barca, fermarsi negli antichi insediamenti, visitare i monasteri sulle sponde, rilassarsi sulle spiagge di pietre candide e tuffarsi, prima di ritornare nell’omonima cittadina costeggiando l’ex spiaggetta privata di Tito raggiungibile con una scaletta dalla villa semi nascosta tra gli alberi.
A Sant Naum ci sono sorgenti di acqua termale che si immettono direttamente nel lago, così che si può tenere un piede nell’acqua a 25 gradi e l’altro a 10. Di sera, in estate, Ohrid si anima di vacanzieri balcanici – soprattutto serbi – i locali si riempiono di giovani in festa e sull’ombra scura del lago troneggia una croce cristiana al neon alta vari metri. Ce n’è una anche a Skopje, pulsa in lontananza in barba al coacervo di culture e religioni diverse che costituiscono la Macedonia. Alla fine, la presenza europea – cioè slava e ortodossa – è la predominante.
Non lontano da Ohrid si trova la città di Bitola. Visitare d’estate la Macedonia del Nord e i Balcani in generale è un’idea azzardata. Si raggiungono facilmente i 40 gradi, le foreste sono in fiamme e il pulviscolo delle città sommerge ogni cosa. Non siamo mai riuscite a sentirci pulite. Il momento più difficile, però, è stato a Bitola, l’antica Heraklea fondata da Filippo II, dove sorge il sito archeologico romano, molto maltenuto, quasi abbandonato. Al momento sono stati scavati solo il teatro, due basiliche, la fontana cittadina e poco altro, nonostante fosse un’importantissima città romana sulla via da Bisanzio a Roma. Alcune tavole ritrovate qui sono conservate al museo archeologico di Napoli. L’incuria balcanica contagia come un virus e le rovine di Heraklea si stendono tra le erbacce e una colonia di gatti. Un guardiano burbero osservava di sottecchi i nostri movimenti lenti, accaldati. Non c’era un angolo dove ripararsi, non uno spicchio di ombra. La temperatura aveva superato i 40 gradi e il sole picchiava direttamente sulle nostre teste e sui mosaici millenari senza nessuna protezione dalle intemperie. Eravamo piene di polvere, fuori e dentro i polmoni, arrossate, accaldate, quasi in preda allo svenimento per visitare lo squallore che sono divenute le vestigia dei nostri antenati. Avevo letto che anche Stobi, sempre in Macedonia del Nord, sulla strada tra Salonicco e Roma, è stata lasciata nell’indifferenza generale.
Dal sito archeologico, sotto il sole cocente, siamo arrivate alla città nuova di Bitola prima di accasciarci in un caffè ombreggiato. Oggi Bitola è una città novecentesca con i palazzi in Art Decò e una passeggiata pedonale lastricata. Anche qui le chiese ortodosse si mescolano ai canti dei minareti delle due moschee e i negozi occidentali sfumano in un vecchio bazaar ottomano con i suoi vicoli svuotati dalla calura. Bitola è molto più piccola e ordinata di Skopje, ma nasconde un passato terribile. Heraklea fu il centro di un commercio fiorente e sotto gli ottomani, con il nome di Manastir, divenne la seconda città europea dell’impero dopo Salonicco. Prima dell'Olocausto, ospitava una delle più antiche comunità ebraiche sefardite dell'ex Jugoslavia, fondata nel XVI secolo da ebrei provenienti da Salonicco. Durante il periodo ottomano, divenne un centro vitale della vita religiosa e culturale degli ebrei macedoni, con numerose sinagoghe che riflettevano le origini degli ebrei immigrati. Tuttavia, prima della Prima guerra balcanica, la crisi economica derivante da quel conflitto spinse molti degli allora settemila ebrei di Bitola a emigrare all'estero, soprattutto in Palestina. Successivamente, Skopje divenne il principale centro della vita economica e culturale dei sefarditi macedoni.
Durante l'occupazione bulgara, la situazione degli ebrei in Macedonia non era inizialmente così grave come in altre parti della regione, ma ben presto l'introduzione di leggi antisemite e l'istituzione del Commissariato per la questione ebraica segnarono l'inizio di una persecuzione sistematica. L'arresto e la deportazione di migliaia di ebrei macedoni, insieme a quelli fuggiti dalla Serbia, nei campi di concentramento nazisti di Treblinka e Auschwitz, portò alla scomparsa delle antiche famiglie sefardite di Bitola e di altre città della regione. Dopo la guerra, il cimitero ebraico di Bitola cadde in uno stato di abbandono e le lapidi furono utilizzate dai soldati bulgari per scopi vari. Il cimitero fu ricostruito solo nel 2018. Così Bitola visse una tragica scomparsa della sua comunità ebraica durante l'Olocausto, segnando profondamente la storia e la memoria della città.
La giornata nell’antica Manastir o Heraklea si è svolta nella sofferenza climatica e storica e il ritorno verso Ohrid tra curve e tornanti attraversati a gran velocità dall’autista. All’epoca non eravamo ancora così abituate alla follia automobilistica delle genti dell’est. Stanche, sudate, deboli, siamo andate alla ricerca del nuovo hotel prenotato quella mattina su una nota piattaforma. Nota anche per le fregature che ogni tanto si prendono, solo che pensavamo che questo fenomeno fosse relegato alla Cina, dove varie volte ci è capitato di prenotare alloggi inesistenti. Dopo mezz’ora di cammino e di domande ai passanti, ancora non lo avevamo trovato. Era già tardi e il sole tramontato da un pezzo quando siamo entrate in un piccolo alimentari per chiedere alla commessa di fare una telefonata e chiedere dove fosse ubicato. La riposta? Avevano dato via la stanza perché non eravamo ancora arrivate. Trovare un altro alloggio così tardi a Ferragosto era impossibile. Ci siamo fermate al lato della strada a meditare su come nascondere i soldi per dormire in riva al lago: in fondo faceva caldo e la città era piena di turisti in festa. Il primo autobus per Skopje sarebbe partito all’alba e dormire all’addiaccio qualche ora non sarebbe stato così tragico, ci dicevamo per farci coraggio.
La verità è quando si è una donna in viaggio, bisogna fare il doppio dell’attenzione. Chiacchieravamo concitate in apprensione quando la commessa dell’alimentari – sia benedetta – ci ha fatto un cenno con la mano. Ci siamo avvicinate e lei, tutta raggiante, ha annunciato: “Ho trovato un posto dove potete dormire. È l’hotel di un conoscente e se volete vi viene a prendere ora.” Ci aspettavamo una fregatura colossale o un posto squallido, invece era un hotel di tutto rispetto, avevamo una bella camera pulita con bagno privato, aria condizionata e balcone con vista sui monti, tutto per soli 35 euro. La commessa non ha voluto niente. L’idea che viaggiare sia pericoloso è ben radicata nel nostro immaginario eppure dopo tanti viaggi posso affermare con certezza che sono di gran lunga più le persone che mi hanno aiutato e che mi hanno dimostrato gentilezza rispetto a quelle che mi hanno fatto sentire in pericolo.
In fondo, l’umanità non vuole altro che vivere la propria vita ed essere felice. Quando si dice che siamo fratelli, non è una frase fatta e questo lo si capisce dall’aiuto di uno sconosciuto in cambio di nulla.
Quella notte, sulla riva del lago ci siamo andate solo per assistere allo spettacolo delle stelle sulla distesa di pece, per poi tornare e dormire con un tetto sulla testa.
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