Scrivo da un treno che da Almaty, la vecchia capitale del Kazakhstan, ci porterà a Sarygash, al confine con l’Uzbekistan. Passerò le prossime diciotto ore con il monotono paesaggio della steppa che scorre oltre i finestrini, accompagnata dal tu tum, tu tum delle rotaie che battono come un nostalgico cuore sovietico. E di sovietico, questo treno, ha tutti i discomfort: il caldo, la troppa vicinanza con gli altri, la mancanza di prese elettriche nello scompartimento. Tanto meglio, scriverò a mano e mi concentrerò su ciò che mi circonda.
Ciao, sono Alessandra. Viaggio a tempo pieno e scrivo di viaggi lenti. Iscriviti gratuitamente per goderti i miei post da leggere con calma, prendendosi del tempo per se stessi in questo mondo frenetico.
Il grande samovar bianco - sovietico anche lui - dispensa acqua calda per chi vuole servirsene con una tazza conservata nell’ufficio del “capo-vagone”. Quello del nostro si chiama Mahmud e si prende cura delle due uniche straniere. “Spaghetti bolognese” e “Celentano” sono ormai il mantra di questo viaggio. Alessia risponde sempre: “E Toto Cotugno”. Non dimentichiamoci che siamo “italiano vero”, eh.
Mi ricordo che nei treni ucraini, sovieticissimi anche quelli, le “capo-vagone” erano sempre e solo delle signore tracagnotte di mezza età che ciabattavano in giro per servire l’acqua calda dell’antico samovar in bicchieri di vetro in porta bicchieri di peltro con incisioni comuniste (tanto per cambiare), poi sostituiti da anonime ma ben più igieniche tazze di carta dal covid in poi.
Con l’acqua bollente si possono anche preparare i noodles istantanei e mi tornano in mente i viaggi notturni nei treni cinesi. Ci ho girato tutta la Cina, mangiando quelle zuppette liofilizzate. Lì lo staff era ben vestito come quello degli aerei e aveva il modo di fare da poliziotto. Nell’ultimissimo viaggio in treno in Cina mi hanno controllato il passaporto ben cinque volte. “La straniera”.
Quest’estate viaggio in Asia Centrale per cinque settimane senza computer. All’inizio mi sentivo come se mi avessero tagliato un braccio. Non lavorerò per più di un mese. Dopo lo shock iniziale, ora ho talmente dimenticato le mie mansioni che ho scoperto di aver ricevuto dei messaggi dai miei clienti con una settimana di ritardo.
Ed è magnifico.
Un po’ meno magnifico è che le mie entrate rimarranno fisse sullo zero: ho temporaneamente dimesso sia i miei abiti da nomade digitale che quelli da freelance per indossare una magnifica veste da viaggiatrice alla scoperta delle Montagne Celesti e dei laghi alpini, di metropoli in pieno fiorire economico e delle antiche vestigia sulla via della seta, accettando con filosofia che dovrò attingere dai risparmi per occuparmi solo di ciò che mi rende felice, come viaggiare e scrivere. Me ne vado a zonzo libera, cavalcando sui sentieri di montagna, scovando cimeli sovietici, gustando beshbarmak, kuurdak, plov e lagman fino a scoppiare.
I soldi sono importanti, molto importanti per vivere bene, per curarsi, per affrontare gli imprevisti e per viaggiare. Se non avessi lavorato viaggiando negli ultimi mesi, non potrei viaggiare senza lavorare adesso. Eppure sono ben contenta di non fare nulla, in barba a tutte le idee secondo le quali dobbiamo produrre, fatturare e sacrificarci al lavoro.
Desidero solo spostarmi su un lentissimo e vecchissimo treno nella steppa Eurasiatica, in compagnia delle pagine bianche di questo quaderno e di curiosi visi mongoli.
Sono andata in giro a vuoto e non dipendo da nessuno. Questi sono i veri miracoli, ma forse voi non siete in grado di comprenderli.
Tsulrim Allione
Viaggi così sono vere e proprie tappe della vita, a me dicono sempre che sono coraggiosa (per il semplice fatto di essermi spostata) e non lo nego, il coraggio ci vuole, ma è la preziosità di un'esperienza a valere il coraggio, e quando arriva, quello è il momento di viverla 😘
Buon viaggio! Sto cercando di capire come funziona la tastiera con il telefono, perché qualasiasi cosa tu faccia, mi sembra abbastanza geniale per non portarsi il computer!