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Gli esseri umani sono dei cantastorie. Fanno arte perché è questo che fanno gli esseri umani.
– Margaret Atwood
Fra due settimane partirò per l’Asia Centrale: è normale che sia emozionata dalla prospettiva di visitare paesi per me nuovi e poco battuti in generale. Questa eccitazione, per di più, è aumentata dalle letture dei grandi reporter e viaggiatori che hanno attraversato gli “Stan” in lungo e il largo. Ecco un’altra cosa che mi piace del viaggiare: leggerne.
In un articolo precedente, ho citato dei libri sull’Asia Centrale che ho apprezzato in modo particolare e che attraversano diverse epoche della sua storia recente. Terzani e Kapuścinski erano giornalisti, uno occidentale, l’altro sovietico-comunista; Thubron e Fatland sono scrittori di prosa e visitatori: il primo, all’epoca de “Il cuore perduto dell’Asia”, era un uomo di mezza età che aveva già visto mezzo mondo, e l’altra, durante la stesura di “Sovietistan” una giovane antropologa europea; Hopkirk è, invece, uno storico e giornalista e ci racconta degli eventi della ragione nei secoli. Ne “Il grande gioco” non c’è nulla del “suo” viaggio, ma tanto di quelli altrui.
Cosa accade quando leggi tanti reportage di viaggio, se sei una scrittrice? Che ti prende il desiderio di appartenere a quella schiera di esseri affascinanti che percorrono strade poco battute, intervistano gente importante e chiacchierano con l’ultimo degli ultimi, memorizzano tutto e la sera, nella loro camera d’hotel, riordinano gli appunti aspettando di tornare a casa per far stampare tutte quelle meraviglie.
Quindi prima di partire ho comprato un quaderno: sopra c’è lo schizzo della chiesa della Salute a Venezia, ma riempierò le pagine bianche con la narrazione delle mie avventure in Oriente.
Mi chiedevo, da dove mi viene questo impulso di scrivere di viaggio? Non mi basta fare delle stories o dei video per i social media per mostrarle ai miei amici (e a mia mamma, che ci tiene a vedere quello che vedo io in diretta e, soprattutto, a sapere se sono ancora viva senza dovermi chiamare più volte al giorno)? No, non è abbastanza. Post e video – eccezion fatta per alcuni reportage di alta qualità – passano in fretta. Al contrario, io desidero rendere immortali le esperienze che vivo. Voglio aprire il quaderno fra 10 anni e rivivere gli odori e i suoni sentiti in viaggio, rivedere il viso di persone dimenticate, voglio registrare il mondo come è adesso nel 2024, così che qualcun altro, nel futuro, potrà rievocarlo.
Kapuścinski ci fa conoscere l’Asia Centrale al tramonto dell’URSS; Terzani ha impresso su carta le proteste dei musulmani, le fughe dei russi e gli abbattimenti delle statue di Lenin; Thuborn ci narra il disorientamento di tutte quelle neonate repubbliche che non sanno cosa fare ora che sono indipendenti e la Fatland ci mostra come il lascito sovietico e i dittatori di oggi si fondono al mondo globalizzato e capitalista.
Oggi ci troviamo in un momento storico particolare, dopo una pandemia e sull’orlo di una collisione tra grandi potenze. Così sono felice di aver visitato l’Ucraina alla vigilia della guerra e una Georgia tappezzata di manifesti contro Putin. Mi piace viaggiare non solo per visitare i siti turistici e mangiare le specialità di un luogo, ma soprattutto per vivere la storia e immergermi nel presente della società, nelle ideologie delle persone, nel loro grado di soddisfazione della vita e, infine, di ricordare tutto questo e di raccontarlo a chi verrà dopo di me.
Penso che la narrazione, scritta o parlata, sia quasi un dovere per aprirci gli occhi l’uno l’altro su cosa succede ad altre persone identiche a noi, anche se lontane fisicamente e culturalmente. Forse, non voglio peccare di presunzione, oserei dire che è anche un privilegio sentire dentro di sé quel fuoco che ci porta a esplorare, a leggere le storie dei viaggiatori del passato e che ci fa ribollire il sangue nelle vene finché l’inchiostro non è stato versato tutto sulla carta sotto forma di racconto, per chi vorrà sentirlo.
Per “scrivere di viaggio”, si sarà capito, non intendo fare la lista di cose da vedere: il web ne è pieno e mi pare che Google dia la priorità alle grandi aziende che vendono tour, tipo Tripadvisor e Get Your Guide.
Parlo proprio di storie, delle nostre avventure da persone comuni, degli odori che sentiamo e delle chiacchiere che facciamo, degli intoppi che dobbiamo affrontare e delle esperienze inaspettate con i locals, senza però mai dimenticare lo sfondo sociale, culturale e politico del luogo in cui ci troviamo, perché è lo specchio di tutte le avventure che affrontiamo in quanto viaggiatori.
Per scrivere di viaggio viviamo il luogo visitato nelle sue bellezze e nelle sue bruttezze e, soprattutto, attraverso le vite di chi, lì, ci abita.
Io sono convinta che la scrittura non serva per farsi vedere ma per vedere.
– Susanna Tamaro
Io mi infervoro a leggere di quelli che son transitati in Italia nei secoli passati e hanno scritto libri che ancora oggi sono mille volte più interessanti di tante guide usa e getta. Sembra quasi che tutti transitiamo intorno al viaggiare come se si trattasse di un’esperienza che ci accomuna, con i primi che passano il testimone ai secondi, e noi che un giorno passeremo il nostro. Immortale… certo. E’ tutto troppo prezioso per venire accantonato 😍